Escursione da malga Valmaggiore a Cima Cece
La nostra giornata era cominciata col passaggio per la Val Maggiore in Val di Fiemme e il bosco che suona. Dopo aver parcheggiato a Malga Valmaggiore ci dirigiamo verso il Bivacco Paolo e Nicola. La giornata, che era prevista calda e soleggiata, si presenta con un’arietta frizzante e qualche nuvola che si aggira spinta dall’aria sostenuta. Comunque io, mio papà e il mio compagno, ci incamminiamo verso la nostra meta di giornata. Poco dopo attraversiamo un ponte di legno con a fianco un cartello che invita a portare al Bivacco un pò della legno li ben accatastata. Così tutti coloro che ne dovessero aver bisogno non se ne troveranno sprovvisti. Dopo una breve camminata nel bosco arriviamo ad un meraviglioso lago adagiato in una conca di granito.
Da qui il paesaggio cambia decisamente. Il bosco viene sostituito da graniti e ghiaioni senza vegetazione ad alto fusto. Qui dei taglialegna stanno lavorando con grosse motoseghe alla pulizia del bosco. Il rumore ci accompagnerà per parte della salita. Il sentiero si inerpica lungo la valletta che ci porterà alla Forcella di Valmaggiore su cui sorge in bivacco Paolo e Nicola. Fu costruito nel 1974 in ricordo di Paolo e Nicola, alpinisti di Predazzo, deceduti sul gruppo del Sella il 30-06-1074 e fu poi ricostruito nel 2011. Viene gestito dal C.T.G. “Lusia”. Il panorama ci ricompensa della fatica. Siamo al cospetto delle cime del Lagorai, Latemar, Coltorondo.
Cima Cece, fra ruderi e pensieri e avventura
Nel frattempo il sole è sparito e tira un vento freddo. Ci copriamo per bene, mangiamo qualcosa e ci dirigiamo verso Cima Cece per vedere i resti della Prima Guerra Mondiale che sono molto diffusi in queste zone. Fa sempre un certo effetto camminare su queste mulattiere lastricate con sforzi immani, sudore e sangue di uomini e muli. Grotte e postazione di tiro, all’interno delle quali sembra ancora di sentire il respiro di quegli uomini, spesso ancora ragazzini, che cercavano di scaldarsi le mani che si sussurravano parole di incoraggiamento. Dopo questa immersione dentro ruderi e pensieri della storia, recente passato, torniamo al bivacco e ci abbassiamo un centinaio di metri per poi andare verso sinistra, passando sotto i graniti delle cime che ci sovrastano fino a raggiungere una forcella da cui si apre il panorama verso la Val Maggiore. Da qui inizia la discesa che per noi sarà un’autentica avventura.
Arrivati in vista di un pianoro lussureggiante, verde trapuntato di rododendri, mio papà ci guida fuori dal sentiero e ci addentriamo in questo luogo magico in cui non ci sono tracce di passaggi umani che lui conosce. La fa da padrona l’acqua che scorre in torrentelli e che ha trasformato vari punti in terreno paludoso. Dobbiamo attraversare più volte i corsi d’acqua cercando i punti migliori per non scivolare, sicuramente bisogna stare attenti, e spesso dobbiamo immergere li scarponi nell’acqua fredda. Fortunatamente siamo al riparo dal vento. Siamo circondati dai bastioni rocciosi che sembrano volerci proteggere dal vento e da passi indiscreti. Ci fermiamo a raccogliere qualche fiore di arnica che mio papà utilizza per produrre un unguento molto apprezzato per le capacità antinfiammatorie. Arnica, fiore dal colore brillante giallo/arancione e dal profumo inconfondibile. Il pianoro ben presto si stringe in una gola profonda e davvero molto ripida. Noi ci manteniamo in costa e lentamente raggiungiamo il sentiero e da qui la Malga Valmaggiore.
Con lo sciamano
Quello che mi ha sempre affascinata del Lagorai è il suo essere selvaggio e aspro. Appena ti discosti dal sentiero devi fare attenzione perché ti ritrovi in un ambiente incontaminato che a volte mette soggezione. Per fortuna io quel giorno ero con un vero esperto di montagna perché non si deve mai andare fuori sentiero, anche se di poche decine di metri, se non conosci veramente bene la zona. Mio papà, che vive fra e per le montagne, le conosce bene, è soprannominato dagli amici alpinisti “lo sciamano” per la sua capacità di orientarsi e trovare la via del ritorno. Questa sua bravura è dovuta alla sua grande conoscenza della montagna supportata da una altrettanto enorme esperienza alpinistica. La montagna, mi ha sempre insegnato, va sempre affrontata con conoscenza e preparazione.
Cima Cece, una bellissima esperienza!